martedì 17 maggio 2016

Cima di Valcuca - via Fasciolo - Girelli

Cima di Valcuca - quota 2540 m
- via Fasciolo-Girelli -
Difficoltà D
Sviluppo 240 m

Dopo una stagione scialpinistica, abbastanza proficua, anche se partita in ritardo, si torna a mettere le mani sulla (fredda) roccia.
Questo è il primo di una serie di martedì in cui non sarò a lavoro. Appena saputo, giro la "news" a Danilo, chiedendogli di organizzare qualcosa in modo da non sprecarli.
Valutati tempo metereologico e quello a nostra disposizioni, tra cene di squadra e impegni famigliari, optiamo per la Cima di Valcuca.
Partenza ore 4:30 da Alba. Un'ora e mezza dopo ci incamminiamo dal Gias delle Mosche, 1591 m.
La salita verso i Laghi di Fremamorta non presenta più neve, se non in due occasioni, dove ci siamo trovati il sentiero sbarrato da vecchie valanghe.
Solo con l'arrivo al Lago Sottano, 2359 m, il sentiero scompare ricoperto dallo strato bianco.
Nel traversare questi pendii verso il Colle del Valasco, 2429 m, Danilo, con gli scarponcini leggeri infila i microramponi. Io proseguo tranquillo senza.


Tutti i siti di meteo annunciavano il bel tempo per oggi, ma fino a qui solo nuvole basse e nevischio. Fa freddo e iniziamo a porci interrogativi sul proseguo della giornata.
Intanto doppiato il colle iniziamo a scendere in direzione del Pian del Valasco. Dovrebbe già vedersi la nostra punta senza questo grigiore che ci circonda.
Tra una breve apertura nella spessa coltre e l'altra riusciamo a scoprire la sua posizione e ci portiamo alle pendici, improvvisando una traccia sulla neve.
Il torrione su cui corre la prima metà della via da qui sotto appare così. Ambiente spettrale.


Temporeggiamo un po' e sgranocchiando qualcosa, in attesa di un raggio di Sole.
Stufi di attendere partiamo per portarci all'attacco, ottimamente indicato dalla relazione di Gulliver e rimarcato dal cordino posto sul primo chiodo, visibile nella foto sotto. La roccia, effettivamente è fredda, ma si riesce comunque ad arrampicare, quindi senza indugiare oltre decido di partire.


L1 corre nel diedro-camino di IV+, non troppo difficile e chiodato molto corto, in cui l'unica difficoltà consiste nella roccia fredda, che toglie man mano la sensibilità delle mani.


Dalla comoda sosta (tre chiodi collegati da cordone), recupero Danilo.


L2, tiro di V, supera un diedro di roccia ottima, come si vede dalle foto (questo varrà per tutta la via), che termina su uno speroncino spostato di poco sulla sinistra e continua ancora più in alto.


Primo tiro baciato dal Sole. Parto io.



Oltre il diedro, trovo un bong, dal quale tolgo il rinvio. E' la prima volta che vedo una protezione così.


L3 segue una fessura verticale che diventa diedro tendente a destra. Il passaggio chiave è in cima alla fessura e si supera tirando delle belle lame solide (V+).


La spaccata di Danilo gli consente di portarsi alla sinistra della fessura, in vista del delicato passaggio che lo attende.


L4 è il tiro che porta al culmine del torrione (IV+). La roccia, lo ripeto, è superba quanto fotogenica.


Manca poco alla sosta. Anzi manca un poco la sosta. Il cordone, che presumibilmente abbracciava il culmine del torrione, si trova ben steso per terra, a qualche metro da me. Per far prima ne piazzo uno dei miei, prima di recuperare il socio.


Ecco l'arrivo di Danilo.


Per non perdere tempo optiamo di superare questo tiro di trasferimento in conserva protetta. Nonostante le difficoltà, molto basse, la traversata in piano rimane comunque aerea e ci porta sotto la cresta che prosegue sino in vetta.


Una ventina di metri più indietro ci sono io, che ammiro la Testa di Tablasses, 2851 m, da questa prospettiva stupenda. 


L6 lo conduce Danilo. Da qui in poi la via corre sulla cresta. Non ci sono più chiodi lungo i tiri, anche se le possibilità di protezione sono svariate. Le difficoltà resteranno costantemente attorno al III-IV.



In cima al primo risalto. Sosta e partenza mia, da secondo.


Altro risalto e alternanza della testa della cordata.


Un saluto dalla sosta, prima di recuperare il compagno...


... in attesa là sotto.


Alla sosta mi raggiunge perplesso. Credevamo di fare più in fretta in questa seconda parte, invece è più lunga di come ce la siamo immaginata.



Rimane questa spigolosa lama da superare e poi dovremmo essere in vista della punta.


Foto verso il rifugio Questa e quello che immaginiamo essere il Malinvern, in fondo al vallone.


Dalla parte opposta, incredibile vista sulla "vera" Cima di Valcuca 2605 m, con la sua cresta, quasi parallela alla nostra, e la Regina delle Marittime, l'Argentera. Il Corno Stella, resta nascosto da una nuvoletta.
Virgoletto la parola "vera", perchè a tutti e due ci sembra di essere nettamente più alti di quella punta. In foto potrà risultare meno evidente, ma dal vivo l'effetto non dava altra spiegazione.
Diranno in seguito su Facebook, dopo aver sollevato il polverone sulla questione quote, "È la più grande scoperta della storia dell'alpinismo!"


Polemiche a parte, siamo sulla sommità.


Quasi, diciamo ultimi passi.


"Discreto" panorama sull'Argentera imbiancata!!!!


Selfie di microvetta e si inizia a pensare alla discesa.


Allo spuntone più pronunciato, sono annodati questi due cordoni. La maglia rapida, inizialmente si trovava sul lato opposto, come se qualcuno fosse sceso da un'altra parte. Queste imprecisioni aggiunte alla cartografia poco chiara, ci fanno pensare un attimo, poi seguiamo le nostre idee iniziali.


Doppia al colletto.


Discesa a piedi del ripido canalone erboso, su cui calano tutte le vie di fuga. In caso di maltempo però non vorrei mai trovarmi a discendere su un terreno così scivoloso.
Per superare l'ultimo salto di roccia, la relazione parla di una sosta per doppie. Dopo aver perso tempo, capiamo che la sosta è proprio sotto il salto di roccia, quindi da disarrampicare. Non essendo per nulla banale, propongo di far passare la corda attorno ad uno spuntone e scendere quei due o tre metri più difficili, assicurati con un Machard.


Quindi la vera doppia.


Canale con detriti, possibilmente da non buttare sulla testa a chi sta sotto.


Dopo aver perso un sacco di tempo, spingiamo al massimo sulla neve marcia che ci separa dal Colle di Valasco. Dietro di noi, tutte le strutture di questa montagna, un po' al di fuori delle classiche salite della zona, ma non per questo meno divertente e gratificante.


Ultime fatiche. Poi l'inerzia della discesa ci condurrà al parcheggio.


1 commento:

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