sabato 29 marzo 2014

Monte Cassorso

Parto da solo alle 5:15 da casa direzione Preit. Alle prime luci le semplici "velature" previste sono uno strato nuvoloso che ricopre quasi tutta la Valle Maira. 
Abbandonata la statale di fondovalle inizio a dubitare di far bene a continuare.
Al parcheggio arriva una seconda auto solo mentre sto partendo sci ai piedi.


Risalgo la strada che porta alle borgate più alte, asfaltata in estate e imbiancata in inverno.


Arrivato alla borgata Servino la traccia per il Cassorso devia verso destra, a risalire gli ampi pendii, che si restringono man mano nel canalone dal quale voglio salire.


Eccomi finalmente di fronte al canale. Una lingua bianca che risale la montagna, chiusa tra rocce e guglie dall'aspetto molto severo.
E' da quando sono partito, che cerco di scorgere alle mie spalle altri scialpinisti con cui condividere l'itinerario. Nessuno. Questo e il grigiore che cancella le cime e la parte alta della mia salita, mi rendono dubbioso sul proseguire.


Decido di valutare mentre salgo, per vedere se le condizioni migliorano o peggiorano. La neve non è bellissima. A tratti trasformata e ghiacciata e a tratti umida e collosa.


Nel perfetto silenzio che trovo, appena il torrente diventa troppo lontano per farsi udire, mi sento preso in giro da una serie di fischi e rumori, che mi costringo a guardarmi attorno per capirne la provenienza. Non incontrerò nessuno fino agli ultimi metri sotto la vetta.
Sono quasi in cima alla prima parte del canale. Per aiutarmi a non scivolare nei tratti più ghiacciati infilo i rampant.


Guardo in basso il tratto già salito. Continuo a sperare in un raggio di luce, che possa migliorare la mia salita e il panorama.


Arrivato su questa gobba che divide in due il canale capisco che la traccia non spiana neanche un attimo. Segno nella mente questo posto. Al ritorno devo stare attento a non scendere sotto i pinetti, ma restare alto, per evitare il salto che troverei passando più a destra.


Eccoli i contorni di questo scivolo.


Finalmente esce un raggio di Sole. Tutto, sembra subito migliorare: la temperatura (comunque gradevole), la vista e l'umore.


Durera pochissimo. Intanto io sono sotto il colle che segna la fine di questo tratto di salita.


Fuori da queste mura di roccia, non manca più molto alla cima.


Un ripido zig zag supera questa gobba. I segni del vento sono evidenti.


In basso il Rifugio della Gardetta.


Prima di arrivare in punta, intravvedo tra la nebbia, una sagoma di persona, che sta probabilmente salendo da Chialvetta. Lo aspetto. Sono contento di vedere finalmente qualcuno. Si chiama Ivano, e con lui raggiungo la sommità. Eccola nella foto sotto. Bello vero?


Pian piano arrivano tutti gli amici di Ivano. Loro qui sono già stati e mi consigliano di non sporgermi verso la croce per le evidenti cornici da vento che vedevano bene durante la salita. Ascolto, e quindi questa resta la mia foto in cima 2776m.


Salutato questo gruppo, inizio la discesa. Vedo in lontananza un puntino che sale. Avvicinandomi trovo un ragazzo con le ciaspole e la tavola da snowboard in spalla. Che voglia!


Una volta affacciatomi sul pendio da poco risalito, scorgo altre persone. Questi, scoprirò poi, tutti sci ai piedi.


Sorpassatoli, mi giro a vedere come si è animato questo posto così inospitale.


Sono sul dosso di metà canale. Mi sono tenuto alto come previsto, e trovo altri scialpinisti impegnati nella salita.



Rocca la Meja. Tutto il giorno davanti ai miei occhi, e solo adesso se ne riconosce la parte bassa.


Ok, sono quasi al fondo. Mentre nella parte alta la neve era più umida e quasi collosa, nel senso che non faceva scorrere lo sci, soprattutto in curva, e la visibilità nulla non permetteva di capire dove il pendio cambiava di inclinazione, qui si vede meglio e la neve trasformata, anche se piena di solchi, mi facilitava la sciata.


Ultimo sguardo a monte.


Sono di nuovo a Servino.
Seguendo la strada in poco tempo sono all'auto, beffato da un cielo che sembra migliorare.


Giornata passata quasi tutta da solo, scambiando poche parole, con un cielo grigio e in un canale aspro e severo. Non ci crederete ma anche in una giornata negativa sotto molti aspetti sono felice, una volta tornato a casa, di averla vissuta. Certo non è stata quella che Gabarrou definisce "una giornata perfetta". Pazienza.
Incredibile, invece, il non essere abituato a passare ore da solo, a vedere, sentire e riflettere, senza parlare.

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